Questa pagina è dedicata ai genitori di fede cristiana e contiene alcune riflessioni di carattere spirituale.

Tra i genitori credenti colpiti dalla perdita di un bimbo mai nato, molti appartengono ad un credo non cristiano, siamo quindi consapevoli della parzialità dei contenuti inseriti.
Ciò nonostante, io e Luigi siamo di fede cattolica, di conseguenza abbiamo scelto di pubblicare testi di orientamento cristiano.
In un’ottica ecumenica confidiamo che genitori appartenenti alle altre grandi religioni mondiali si attivino, come noi, per affrontare il tema dei bimbi mai nati attraverso gli spunti offerti dal loro credo.

I primi paragrafi trattano aspetti della fede cattolica che, per un credente che ha subito la perdita di un bimbo mai nato, pensiamo possano essere di grande consolazione.
Nell’ultimo paragrafo abbiamo scritto le tante riflessioni intorno alla fede che, da quando abbiamo perso il nostro bimbo ad oggi, abbiamo fatto.

LA MORTE DEL CORPO, L’ANIMA E LA RISURREZIONE SECONDO I CRISTIANI
Il Credo cristiano (che molti hanno presente perchè si recita durante la celebrazione della Messa) è la professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante, culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°988).

Nel commentare gli articoli del Credo che proclamano la risurrezione della carne e la vita eterna, il Catechismo della Chiesa Cattolica scrive: “Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione mentre la sua anima va incontro a Dio […], che nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi, riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù” (n°997). “Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna” (n° 1020).

In quest’ottica la morte, per quanto dolorosa, è solo una separazione temporanea e parziale dai nostri cari: temporanea perchè, una volta morti, saremo tutti tra le braccia di Dio Padre; parziale perchè l’anima non muore e, in virtù della comunione dei santi, i vivi e i defunti sono in comunione tra loro, in Cristo.

Se non sai bene cosa significa, per la Chiesa Cattolica, “comunione dei santi”, ti invitiamo a leggere le righe seguenti, perchè pensiamo possano esserti di grande consolazione e aiuto nel pensare al tuo bimbo mai nato.

LA COMUNIONE DEI SANTI

Il Credo, la professione di fede dei  cattolici, afferma, tra i vari articoli, la “comunione dei santi”: un’espressione che, forse, per molti è poco chiara.

I santi non sono solo quelli di cui noi cattolici veneriamo la memoria ma, più in generale, tutti i membri della Chiesa, ovvero ciascuno di noi, come si comprende leggendo gli Atti degli Apostoli (9,13) e la Prima Lettera ai Corinzi (6,1 e 16,1).
Di conseguenza “la comunione dei santi” designa la comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati in cielo (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°962).

Credere la comunione dei santi significa, quindi, credere che, in Cristo, noi siamo in comunione spirituale anche con i nostri bimbi mai nati, immersi nell’amore di Dio che tutto abbraccia.

LA COMUNIONE CON I DEFUNTI: MEMORIA E PREGHIERA
La Chiesa, riconoscendo la comunione dei santi, ha sempre coltivato con grande pietà la memoria dei defunti (Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 958); in questo senso, pensiamo, sia da intendere il valore della sepoltura: un gesto di pietà e affermazione della dignità umana.
A questo proposito il Catechismo scrive: “I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione: La sepoltura dei morti è un’opera di misericordia corporale, rende onore ai figli di Dio, tempi dello Spirito Santo” (n°2300)

La comunione con i defunti avviene anche nella preghiera, recita infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica: “noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati in cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere” (n° 962)

PERCHE’, SIGNORE, HAI FATTO MORIRE IL NOSTRO BAMBINO? LA POVERTA’ DI CUOREE LA FIDUCIA NELL’AMORE DI DIO
Dopo che abbiamo perso Francesco, il nostro bimbo mai nato, tante sono le riflessioni, su quello che ci  era accaduto e sulla fede, che abbiamo fatto e che abbiamo pensato di proporre in quest’ultimo paragrafo; intendiamoci: non abbiamo niente da insegnare a nessuno, il tema è così doloroso e delicato, che le considerazioni che proponiamo sono solo il nostro personale punto di vista; desideriamo però esprimerlo con la speranza che possa essere di aiuto a qualcuno e che non ferisca la sensibilità di nessuno.

Durante le nostre riflessioni è stato inevitabile domandare “Perchè Signore?” e partire dallo “scandalo” della morte.
L’uomo non è fatto per la morte e quando essa piomba nelle nostre vite il dolore ci investe, le certezze rischiano di saltare e anche Dio ci sembra lontano, indifferente se non, addirittura, inesistente.

Tante volte ci siamo chiesti perchè il nostro bimbo è morto, perchè il Signore, che tutto può e che tanto abbiamo pregato, non ha fatto andare le cose in modo diverso.
E’ un tema immenso, è la domanda che da sempre l’uomo si fa di fronte al dolore, all’ingiustizia, alla morte.

Davanti a questa domanda spesso, come tanti, abbiamo provato frustrazione ma anche rabbia…sì, rabbia verso Dio. Del resto, quando quello con Dio è un rapporto autentico ed intimo, non esteriore e fatto solo di formule da recitare a memoria, crediamo che possa accadere anche di “litigare”, di non comprendere e far fatica ad accettare ciò che il Signore permette che avvenga.

Dopo giorni e giorni di “litigi” con Dio, abbiamo rinnovato la consapevolezza e la fede nei rispettivi ruoli di creatura e Creatore: ci sono cose che non si possono comprendere e a noi, figli di Dio, resta solo la possibilità di scegliere se fidarci del suo amore o se ribellarci.

Personalmente, abbiamo scelto di fidarci di Dio.
Ci sono tornate alla mente le parole di Giobbe tratte dal testo biblico: “Riconosco che puoi tutto e nessun progetto ti è impossibile. Chi è colui che denigra la provvidenza senza nulla sapere? E’ vero, senza nulla sapere, ho detto cose troppo superiori a me, che io non comprendo. Ascoltami, di grazia, e lasciami parlare, io ti interrogherò e tu mi istruirai. Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno visto. Perciò mi ricredo e mi pento […]”

Ci siamo chiesti cosa voglia dire, concretamente, la “povertà di spirito” o la “povertà di cuore” di cui si parla nel Vangelo di Matteo, e siamo giunti alla conclusione che significa affidarsi alla volontà e all’amore di Dio, anche quando sembra incomprensibile.

Il tema della povertà ci ha rimandati immediatamente a San Francesco, il poverello di Assisi, il giullare di Dio che per amore del Signore e per totale fiducia in Sorella Provvidenza si è spogliato di tutti i suoi averi e si è messo sulle orme di Cristo.
Tra i testi che il santo dettò a frate Leone vi è il discorso sulla Perfetta letizia, dove Francesco dice chiaramente che gioia piena è fidarsi della volontà e dell’amore di Dio, non solo quando tutto va bene ma, soprattutto, quando il dolore, la paura, la morte si affacciano alla nostra vita.

La gioia immensa, non terrena, di quel santo straordinario che è Francesco, ci ha sempre affascinati e siamo certi che, nella fiducia in Sorella Provvidenza, nell’affidamento pieno all’amore di Dio anche quando è incomprensibile nei suoi disegni, in tutto questo si nasconda il cielo in terra, il motivo e l’origine di quella gioia.

La gioia…la gioia dovrebbe essere un elemento imprescindibile nella vita di noi credenti perchè è insita nel nostro dna di cristiani…non una gioia infantile, incosciente, superficiale, ma la gioia profonda che deriva dall’incontro autentico con Dio, da quell’amore che fa nuove tutte le cose (Is 43, 19), grazie a cui non ci si lascia vincere dal male ma si vince il male con il bene (Rm, 12,21) e in virtù del quale San Pietro scrive “siate sempre pronti a dare una risposta a chi vi chiede il motivo della speranza che è in voi” (1Pt 3, 15).

Fidarsi totalmente di Dio, anche davanti agli eventi più dolorosi, non è certo facile nè scontato, ma crediamo che sia la chiave di volta che trasforma la vita.
In virtù della piena fiducia in Dio tutto, anche la morte, appare sotto un profilo diverso, acquista una portata ridotta, parziale, temporanea: Cristo è risorto, la morte è vinta e noi, in comunione con i vivi e con i defunti, siamo già nella Vita nuova.

Alla luce di queste riflessioni, che hanno comportato un cammino interiore non facile, oggi ci sentiamo certi nel dire che Francesco è morto non per un destino avverso ma secondo una volontà divina più grande di noi e della quale ci fidiamo, e che il nostro bimbo, per quanto non presente fisicamente, è comunque accanto a noi.

 

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