La mia vocazione
Una vocazione unica e irripetibile
Una domanda che mi sento rivolgere spesso è come concilio la mia vita di donna laica, sposata, con figli e lavoratrice, con la mia vocazione da eremita.
Ebbene, partirei proprio dal termine “vocazione”: la chiamata che ciascuno riceve non è standard, ma unica, personale e irripetibile.
Il Signore ci chiama alla vita e ci invita ad un percorso che per ciascuno si declina in modo differente, perché ogni persona è differente.
Dire, ad esempio, che la mia vocazione è quella di sposa, mi sembra un po’ semplicistico… certo, sono una moglie, ma vivo il matrimonio con il mio carattere, la mia sensibilità, la mia storia, e così credo si possa dire che al mondo non esistono due donne che portano avanti la vocazione sponsale in modo identico, e lo stesso ovviamente vale per gli sposi uomini e per le persone consacrate.
A partire da ciò, vivere la mia vocazione non significa incasellarmi in un ruolo prestabilito di moglie, madre, eremita, ma far emergere il mio modo unico e personale di rispondere alla chiamata di Dio… in che modo sento nel profondo di far fruttare i miei talenti?
Vivendo il matrimonio, la genitorialità, ma anche la mia vita da professionista ed, infine, da eremita.
Tengo molto a sottolineare il fatto che la vocazione è unica, personale ed irripetibile; da pedagogista mi sono sempre occupata di formazione degli adulti, ed ho conosciuto persone spaventate dall’idea di contattare la loro essenza più profonda e di capire quale fosse la loro strada; ancora più spesso ho incontrato uomini e donne che, pur sentendo chiara in loro stessi la vocazione, non osassero realizzarla, temendo il giudizio degli altri o la fatica ad attuare un cambiamento importante.
La mia vocazione quindi, non è di sposa, madre, lavoratrice, eremita, etc.
La mia vocazione è una sola – lo ripeto – unica e irripetibile: sono chiamata ad essere pienamente me stessa, Elisa, e in questo orizzonte si declinano i miei vari ruoli e le esperienze passate, presenti e future.
Eremita nel mondo, ma non del mondo
Come si sviluppa un percorso da eremita per una donna laica, sposata, madre e professionista?
Innanzi tutto vorrei chiarire che l’eremitaggio, in queste condizioni, non è una forma di isolamento fisico: questo non è qualcosa che io ricerchi o desideri.
Nel mio essere eremita non scimmiotto chi sceglie un isolamento anche fisico, e nemmeno tento di inscenare una brutta imitazione di coloro che sono consacrati.
Io ho scelto – e risceglierei altre mille volte – di essere sposa, madre, lavoratrice.
L’eremitaggio che vivo è di una forma non fisica, ma interiorizzata, che cercherò ora di spiegare, chiarendo però fin da subito che è solo nel silenzio e nella solitudine interiore che si può sviluppare una vera forma di eremitaggio spirituale, perchè se confondiamo l’essere eremiti con lo star da soli in un posto remoto….bè, in questo caso l’eremita può pure star da solo, ma magari avere il cuore sempre rivolto al mondo!
Vorrei quindi ribaltare la visione comune che si ha dell’eremita e spostarne il centro dall’elemento visibile (il vivere isolato) all’elemento invisibile ma fondamentale: il cuore, l’anima di un eremita – al di là che viva in una grande città o nel deserto – si isola dal resto del mondo, non per il piacere della solitudine in sè, ma perché in essa incontra Dio, lo contempla, dialoga con Lui, prega; soprattutto, l’anima dell’eremita è in costante e instancabile ricerca del Dio Vero.
Il ritirarmi temporaneamente e quotidianamente dal mondo per pregare e contemplare Dio, salendo metaforicamente su un altura – un monte interiore – non avrebbe senso, per la mia vocazione personale, se poi non tornassi “a valle”, alla mia vita di moglie, madre e lavoratrice, fortificata e rinnovata nello spirito.
Cosa fa un eremita?
Questa è una domanda mal posta, e lo spiego con un esempio: quando sono al lavoro mi concentro su di esso, ma non smetto di essere moglie e madre: nel mio essere me stessa, sono contemporaneamente moglie, madre, professionista, ma anche figlia, amica, etc; a seconda dei vari momenti della giornata, un ruolo trova più espressione di un altro, senza per questo negare gli altri che in quel momento non vengono agiti concretamente.
Come non smetto di essere sposa mentre mi occupo dei miei figli, o non cesso di essere madre nelle ore in cui lavoro, così non smetto mai di essere eremita o, come dice qualcuno, “fare l’eremita”; ci sono dei momenti, nella giornata, in cui mi dedico espressamente ad attività di preghiera e contemplazione, ed altri momenti in cui, nella pratica, mi concentro sul lavoro o sulla famiglia.
Credo che la treccia possa essere un’ottima metafora per descrivere la vita di ciascuno: essa è composta da varie corde intrecciate, appunto, tra loro, ma nessuna ha in se’ l’interezza e la pienezza della treccia, così come la mia vita è costituita da un intreccio unico e personale di ruoli ed esperienze, tutti animati dalla mia sensibilità personale.
Il mio essere eremita si traduce certo in determinate azioni concrete (preghiera, contemplazione, lettura, etc), ma soprattutto, è qualcosa che permea la mia vita e il mio quotidiano, ha a che fare con il mio essere in costante e autentica ricerca di Dio… il mio essere eremita non è una condizione fisica, e non sono eremita solo quando mi metto a pregare, ma sono eremita sempre, come in qualunque momento della mia vita sono sposa, madre e professionista; essere eremita è una condizione del cuore e dello spirito.
Negli Arcani Maggiori dei Tarocchi, l’eremita è raffigurato con la lanterna: il suo è un cammino personale di ricerca, cammina nel buio, un buio che ricorda la notte oscura della fede; l’eremita cammina nel buio perchè ha lasciato le certezze del “si deve” e ora compie un percorso autentico, libero, personale, sincero di ricerca della Verità.
Cosa caratterizza, quindi, il mio essere eremita? Sicuramente la ricerca spirituale autentica, la disponibilità a camminare anche fuori da sentieri battuti, con il cuore libero da preconcetti, per intercettare i sussurri di Dio senza preclusioni.
Mamma, mamma, mamma… un momento!
Sono mamma di quattro figli: due Francesco e Giorgio, volati in cielo durante la gravidanza e due, A. ed S., adottati.
Francesco e Giorgio sono i miei angioletti, A. ed S. due vulcani di amore ed energia, meravigliosi riflessi di Dio!
Come faccio a trovare il tempo per stare in silenzio e preghiera?!
Avete presente quando i figli chiamano continuamente la mamma per dirle qualcosa? Ecco, i miei non fanno eccezione, e il tempo che concretamente dedico all’eremitaggio interiorizzato è quando loro sono a scuola.
Quando invece siamo insieme tutto il giorno, come in estate, ho imparato a non farmi sommergere continuamente dalle loro richieste (hanno entrambi più di 8 anni, non sono neonati) e a dire “ragazzi, un momento, adesso mi lasciate un po’ di tempo per stare da sola e fare le mie cose mentre voi fate le vostre”: loro hanno imparato a rispettare questo mio “spazio”, esattamente come io rispetto il loro quando si dedicano a giocare o ad altre attività che amano.
Mio marito
Il compagno da una vita: ci conosciamo fin da quando eravamo ragazzi, siamo cresciuti insieme, insieme abbiamo affrontato di tutto!
E’ abituato alle mie scelte originali, sa che mi faccio molte domande e che non accetto risposte preconfezionate, nella vita privata come sul lavoro, e la spiritualità non fa eccezione.
Quando dico “Gi, ti devo dire una cosa…” lui sa che sto per annunciargli una mia nuova “stramberia”, un’idea importante e singolare che porterà cambiamenti… lui mi conosce, sa che sono fatta così e mi ama anche per questo (con me non si annoia di certo!).
La sera in cui gli ho parlato dell’eremitaggio interiorizzato, che poco alla volta si faceva strada nel mio cuore, e del desiderio di esprimere il voto da eremita, lui mi ha ascoltata, come sempre si è stupito, e poi ha compreso la mia scelta, sapendo che, quando giungo a certe conclusioni, è perchè sono molto meditate e implicano una scelta profonda, coerente con la mia vocazione.
Il mio lavoro
Mi sono laureata in Scienze dell’Educazione e poi all’Accademia di Belle Arti, per una decina d’anni ho lavorato come pedagogista e formatrice, insegnando anche all’Università, per poi integrare la seconda laurea nel lavoro precedente, tenendo consulenze di life coach e corsi che stimolano la creatività attraverso il cucito, mosaico, tecnica orafa.
Da formatrice, nei miei corsi insisto sempre affinché le persone creino abiti, gioielli, mosaici che esprimano la creatività personale e il proprio stile, anziché copiare la moda o le tendenze del momento.
I vestiti, la seconda pelle
Ovviamente cucio io stessa i miei vestiti e li creo in modo che rispecchino la mia sensibilità e il mio stile di vita!
Hundertwasser, meraviglioso artista austriaco scomparso a inizio 2000, sosteneva che i vestiti sono la nostra seconda pelle e che, per sentirci bene in essi, ci devono corrispondere… concordo pienamente!
E’ difficile essere se stessi
Concludo questa pagina con una dichiarazione ed un augurio.
La dichiarazione è: “è difficile essere se stessi!”
La gente ragiona per semplificazioni e ti vuole sempre incasellare: sei eremita? Vivi isolata! Sei eremita sposata e madre? Non può essere!
Ti vesti con abiti morbidi e semplici? Sembri una suora! Non sei una suora? Cosa sei?
Insomma, è una gran fatica trovare la propria strada, districarsi nel ginepraio di definizioni che ti vogliono riconoscere a tutti i costi in ruoli già definiti, e riuscire ad esprimere in modo autentico la propria vocazione, perché la gente tende sempre ad incasellarti in ruoli stereotipati, e rifiutarsi di stare a questo gioco implica a volte conseguenze serie: non essere capiti, non venire riconosciuti, essere allontanati… in tanti rinunciano: essere se stessi fino in fondo può essere molto faticoso.
La mia formazione da pedagogista-artista mi ha sicuramente aiutata a giungere ad una conclusione importante che riassumerei con questa frase liberatoria “Seguo la mia strada! Non piaccio a qualcuno? Pazienza!”
Non si può piacere a tutti, non si può essere accettati da tutti, chi vuole essere se stesso senza identificarsi in modo acritico con ruoli e stili preconfezionati deve sapere che perderà per strada qualche amico o qualche opportunità, ma incontrerà sicuramente persone autentiche che saranno ottimi compagni di strada, nel perseguire una vocazione sincera, autentica, non data per scontata.
Ed ecco il mio augurio: che il Signore non ti lasci in pace, giorno e notte, fino a che tu la smetta di voler piacere per forza agli uomini e ti lasci andare alla Sua chiamata, alla splendida vocazione che Dio ha pensato per te, solo ed esclusivamente per te!
Elisa Maria della Grazia di Dio