Un embrione nella borsa, ovvero: la nostra storia

Il 14 settembre del 2011 salivo in autobus con un carico speciale: dentro la borsa avevo un embrione, ovvero il mio primo figlio!
Due settimane prima, all’ecografia di controllo, la ginecologa ci aveva informati che il bambino non stava più crescendo e mi aveva dato appuntamento alla settimana dopo per un’altra ecografia, anticipandomi già che, se le cose fossero rimaste immutate come lei credeva, avrei dovuto fare il raschiamento, cioè la resezione della cavità uterina, per aborto spontaneo.
Non so perché, ma avevamo soprannominato Topinambur il nostro piccolino…lo avevamo chiamato così per due mesi e ora Topinambur non c’era piu’… ci crollava il mondo addosso, sentivamo un dolore immenso, veramente sconfinato.
Dal punto di vista medico si trattava soltanto di un embrione di poche settimane, ma per noi era nostro figlio: una persona a tutti gli effetti, anche se minuscola!
Il giorno dopo quella drammatica notizia cercai di riflettere su ciò che stava accadendo e pensai tre cose:
– se mi avessero fatto il raschiamento, Topinambur sarebbe finito tra i rifiuti ospedalieri;
– non volevo assolutamente che nostro figlio venisse buttato via come uno scarto!
– Se nostro figlio era morto, volevo che avesse una sepoltura e un saluto dignitosi.
…Sepoltura per un embrione?!?!
Era il 2011 e io non avevo mai sentito niente del genere, tant’è che pensai: “Sto andando giù di testa, che io sappia non si possono seppellire gli embrioni!”
Ciò nonostante, digitai “sepoltura embrioni” su Google e incredibilmente scoprii che due associazioni (” Ciao Lapo” e il servizio maternità difficile della “Papà Giovanni XXIII”) si occupavano di questo tema, e che c’erano già dei precedenti.
Quando la sera mio marito torno’ dal lavoro, condivisi con lui le mie riflessioni e le informazioni che avevo trovato… all’inizio fu un po’ stupito dall’idea della sepoltura, ma poi pensò che era la cosa giusta da fare per salutare degnamente il nostro bimbo, e così decidemmo di andare avanti.Nella settimana che precedette l’ultima ecografia, il dolore sconfinato per la perdita di nostro figlio si trasformò poco a poco in energia combattiva per recuperare più informazioni possibili su come ottenere questa sepoltura…avevo infatti chiamato l’ospedale e, per quanto le associazioni mi avessero fatto conoscere il dpr 285/90 che prevede la sepoltura degli embrioni e dei feti (art.7), in realtà il personale sanitario sembrava ignorare totalmente questa legge, o per lo meno mi disse che era assurdo pensare di poter seppellire un embrione.
Mio marito ed io capimmo che non sarebbe stato facile ottenere ciò che volevamo perché intorno alla sepoltura di un embrione ruotavano temi di bioetica delicati e tuttora molto dibattuti: lo statuto di persona, l’aborto come scelta, il fatto che, se si consente di seppellire un embrione, gli si riconosce automaticamente lo stato persona!
Raccolsi più documentazione possibile e contattai gli uffici cimiteriali del comune, che mi confermarono che in Certosa c’era un campo destinato a feti ed embrioni.
Stampai il testo della legge e arrivammo pronti ad affrontare l’ecografia del 6 settembre. Come ci aspettavamo, confermarono che il bambino era morto e che il giorno dopo avrei dovuto fare il raschiamento; a quel punto comunicammo ai medici l’intenzione di seppellire nostro figlio…e lì si scatenò l’inferno!
Il ginecologo che mi avrebbe dovuto fare il raschiamento disse che era assurdo seppellire un embrione, in quanto ne sarebbe rimasto solo un grumo di sangue…lo capivo benissimo e la cosa non mi scandalizzava, ma quel grumo di sangue e cellule era nostro figlio, per cui consegnammo al ginecologo il testo della legge a sostegno della nostra richiesta, considerando che il Dpr 285/’90 cita proprio “la sepoltura dei prodotti abortivi e del concepimento”…la geniale risposta del medico fu: “Signora, cosa vuole, le leggi si fanno, si disfano, si interpretano…”
Si interpretano?!? Cosa?!?!!!
Nella norma era scritto in modo assolutamente esplicito la possibilità di seppellire un embrione e noi volevamo solo che i medici facessero il possibile affinchè il nostro diritto venisse rispettato.
Poiché il ginecologo, anziché sostenere noi che avevamo perso un figlio, continuava a dimostrarsi ostile, dissi che non avrei accettato di fare il raschiamento fino a che non mi avesse assicurato di poter seppellire il nostro bambino.
Feci un tale casino che alla fine il ginecologo contattò l’anatomia patologica per chiedere se mai fosse stato possibile, dopo l’esame istologico, recuperare quel che restava dell’embrione per destinarlo alla sepoltura.
Un’anatomo patologa mi contattò per dirmi che lei e i colleghi avevano valutato come procedere e che avrebbero fatto di tutto per riuscire ad individuare nostro figlio in mezzo al materiale espulso durante il raschiamento.
Il 7 settembre feci il raschiamento serena, sapendo che avevo fatto tutto quello che potevo per nostro figlio!
Una settimana dopo, il 14, l’anatomo patologa mi chiamò per dirmi che potevo andare a ritirare il barattolino con dentro l’embrione in formalina… era mio figlio, e corsi a prenderlo sollevata dal fatto che tutto fosse andato bene!
Presi il mio barattolino e salii sull’autobus pensando: “Mai e poi mai gli altri passeggeri potrebbero immaginare che ho un embrione nella borsa!”
Può sembrare strano ma ero felice perché, nonostante avessimo perso il bambino, per lo meno eravamo riusciti ad ottenere di seppellirlo, facendo riconoscere la sua dignità di persona e ottenendo un posto dove poterlo salutare!
Tutta soddisfatta, appena a casa chiamai il responsabile dei servizi cimiteriali del comune, per dirgli che finalmente avevo l’embrione a casa e potevamo seppellirlo, ma la sua reazione fu un po’ diversa da come me l’aspettavo: “Ma come – mi disse – ha l’embrione a casa?! Non può portare a casa un cadavere, e nemmeno può portarlo lei stessa al cimitero! In questa situazione, al massimo può seppellirlo in un vaso di casa o in un giardino, ma non al cimitero! Serve un documento dell’ospedale in cui il medico dichiara l’avvenuta morte e consente la sepoltura!”
Ero sconvolta… tanto impegno per niente… incredibile, il ginecologo non mi aveva fatto compilare il modulo che ci permetteva di seppellire nostro figlio!
La situazione era grave e sembrava irrimediabile, per cui decidemmo di chiamare la direzione sanitaria la quale, saputo l’accaduto, si disse assolutamente costernata e trovò la soluzione: riportammo subito il barattolino, la direzione sanitaria compilò il modulo necessario a concedere la sepoltura e finalmente potemmo dare un degno saluto al nostro bambino.
Decidemmo di chiamarlo Francesco.
Ora riposa al cimitero.

Tengo molto a questa foto, e se la pubblico è per sensibilizzare su questo tema, perchè non voglio che altri genitori debbano lottare con i medici, in un momento di dolore tremendo, per ottenere il diritto, già sancito dalla legge, a seppellire il proprio figlio, anche se è “solo” un embrione!
Ora, nell’anno 2021, Francesco avrebbe 9 anni (sarebbe nato nel 2012) e sarebbe alto poco più della girandola in foto a inizio pagina.
Quando seppellimmmo Francesco, nel 2011, nel suo campo era l’unico bambino riconoscibile con un nome e una tomba, gli altri erano feti e avevano solo un numero per distinguerli, nient’altro.
Da allora tante cose sono cambiate; la sepoltura degli embrioni è una possibilità un po’ più conosciuta.
Ciao Lapo e tante altre associazioni hanno aiutato centinaia di famiglie e anche noi, nel nostro piccolo, ci siamo attivati perché il lutto prenatale venga riconosciuto e nessuno debba più lottare per seppellire il proprio figlio: nel 2012 abbiamo inaugurato il progetto “Bimbi Mai Nati“, per offfrire informazioni ai genitori che perdono un figlio durante la gravidanza.
Oggi nel campo di Francesco sono seppelliti tanti altri bimbi con un nome, una tomba, un gioco lasciato lì per loro.
Quando qualche mamma o papà disperato contatta “Bimbi mai nati” per chiedere aiuto, perchè non riesce ad ottenere di seppellire suo figlio, riviviamo nuovamente tutto quello che abbiamo passato, facciamo di tutto per aiutare quelle famiglie e, di solito ce la facciamo: sono certa che, “dal cielo”, Francesco e gli altri piccoli ci aiutano!!
